Salto nel buio Il mistero è stato risolto, almeno in parte, da Djedi, il robot esploratore progettato e costruito da Rob Richardson, un ingegnere dell’Università di Leeds (UK). Djedi è infatti riuscito a penetrare in uno dei piccoli condotti e ad inserire la sua telecamera flessibile all’interno di un foro praticato nella porta di pietra nel 2002 da un suo predecessore. Le prime immagini inviate dal robot hanno mostrato un minuscolo locale sulle cui pareti sono presenti numerosi georoglifici realizzati con pittura rossa. Secondo gli archeologi potrebbero essere dei numeri, delle specie di appunti presi dai muratori che hanno realizzato la struttura. Una volta decifrati, potrebbero rappresentare la chiave per risolvere il mistero. Djedi ha permesso per la prima volta di vedere il retro della porta borchiata confermando, a discapito delle teorie più creative, che gli elementi metallici hanno solo una funzione ornamentale.
E dopo? Su cosa ci sia più oltre, gli scienziati sono divisi: secondo alcuni questi due tunnel hanno una funzione esclusivamente ornamentale mentre secondo altri, tra cui Zahi Hawass, Ministro Egiziano per le antichità e responsabile del progetto Djedi, potrebbe esserci un ulteriore locale segreto. Quella che fino ad oggi è sempre stata considerata la camera sepolcrale potrebbe infatti essere solo un locale fittizio: l’obiettivo di chi progettava e realizzava le piramidi era quello di nascondere la salma del defunto re nel modo migliore possibile. I due condotti potrebbero quindi avere la funzione simbolica di passaggi per l’anima del faraone. Il futuro della missione al momento è però piuttosto incerto: la forzata uscita di scena del Presidente Egiziano Mubarak ha reso precarie le posizioni di tutto il suo establishment, compreso Zahi Hawass.